L’ora è tarda. Il corridoio vuoto. Non c’è nessuno tranne che un giovane dalla felpa bianca un po’ troppo grande, con lo sguardo vacuo. Dall’altra parte del vetro Gigi Roncacci, quarantacinque anni, appoggiato su di un gomito, il nulla come inchiostro sui suoi occhi, cerca disperatamente di vivere. Non vi riesce.
Il ragazzo si accosta al vetro, appannandolo col fiato. Il Sig. Roncacci si alza e fissa il ragazzo con cieca indifferenza.
“Mi dica”
Al che il ragazzo, un attimo spaurito, si volta verso di lui e lo guarda tristemente. Poi dice:
“Ho bisogna che lei mi restituisca la roba. Ho bisogno che me lei me la ridia.”
“Un altro di quei drogati che hanno perso il senso della realtà …” pensa tra sé e sè l’uomo.
Cercando di mostrare interesse, chiese: “Ed esattamente, cos’è che ha perso e rivorrebbe indietro?
Il Ragazzo rimane fermo, ritto come una marionetta, lo stesso sguardo vacuo e umido, come se stesse piangendo, in continuazione, ma senza lacrime. “Che cosa vorrei…indietro?”
“Voglio che mi ridiate il cioccolato, quello che si metteva nel latte al mattino.
Voglio che mi ridiate la domenica. La domenica come la volevo io, con tuo padre in pigiama, e una valanga di Lego a cui dare forma.
Voglio che mi ridiate un Super Santos su cui far satellitare sogni infantili piuttosto che discussioni politiche.
Rivoglio quella marea di orsacchiotti e peluche che vuoi buttare quando sarai grande, perché non puoi essere grande se hai ancora dei peluche.
Rivoglio conferenze con gli amici sulle stelle e sui pianeti, sui dinosauri e sugli squali, su Pikachù e sulla sfera Genkidama.
Rivoglio il mio mondo banale ed utopico dove nei film non si sussultava per la scena di sesso, ma per la scena del bacio.
Rivoglio indietro gli sguardi degli abitanti di New York, di New Orleans, del Cile, della Thailandia e dell’Aquila. Rivoglio gli sguardi dei ragazzini che rimanevano impressionati dai soldati che morivano nei film e che si ripromettevano che mai avrebbero fatto la guerra. Che appendevano sulle pareti delle loro classi i disegni di aerei che lanciavano caramelle e fiori, come se fossero arazzi, e che invece venti anni dopo si ritrovavano morti col torace sfondato in una rissa fra fascisti.
Rivoglio questo silenzio, questa quiete, l’arte del non capire, l’arte dell’essere un po’ stupido, ma non ignorante.
Rivoglio quelle che erano le mie radici. Rivoglio Mike Bongiorno, il vecchio " Un Medico in Famiglia, il Sega Pico e l’Allegro Chirurgo. Rivoglio Topolino. Rivoglio Plutone come nono pianeta del sistema solare.
Rivoglio tutto questo subito, in una scatola, per poterlo portare a casa. La prego.”
Il Sig.Roncacci ascoltò, attonito. Mosse la testa disorientato, poi chinò il capo cupo. Fece per aprir bocca, ma si trattenne. Rimase a pensare un paio di secondi poi, infine, parlò.
Lorenzo Ladogana
(SECONDO PREMIO NAZIONALE DI NARRATIVA, TEATRO E MUSICA D'AUTORE 2010, 3° Classificato TEATRO - Sezione B; "Le nostre radici", in associazione ad AGRI Cupacci Cultura e con la partecipazione del Comune di Roma e del Comune di Foligno).
Commovente, sublime e di forte impatto. Lei meritava il primo posto!
RispondiEliminaLe voglio tanto bene :)
Ripeto, io volevo i salami! XD
RispondiEliminaPerò sono stato contento di aver partecipato, è stata un esperienza molto bella!
Ovviamente anch'io gliene voglio, e tanto! ^^
veramente degno di nota. Ho tentato di trovare parole migliori; ma non ci sono riuscito. Sei grande, Lò...
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